Il cordoglio per la morte del giudice Livatino fu unanime e sia la Chiesa sia lo Stato italiano riconobbero il valore del suo servizio alla giustizia e il profondo significato del suo sacrificio.
San Giovanni Paolo II ad Agrigento il 9 maggio 1993, incontrando i genitori del giudice Livatino, lo aveva definito “martire della giustizia e indirettamente della fede”.
Papa Benedetto XVI nel 2010 a Palermo lo ha annoverato fra le “splendide testimonianze di giovani” in Sicilia.
Il Sommo Pontefice Francesco ha fatto di lui menzione nel 2017 e poi nel 2019 ha ricordato “la coerenza tra la sua fede e il suo impegno di lavoro” e “l’attualità delle sue riflessioni”.
La memoria del Servo di Dio è tenuta viva anche dal contributo dei mezzi di comunicazione, così che la sua fama di santità e martirio continua a diffondersi in Italia e in tutto il mondo.
Proprio in virtù di questa fama si è aperta la Causa di Beatificazione e Canonizzazione del Servo di Dio.
Dal 21 settembre 2011 al 3 ottobre 2018 presso la Curia ecclesiastica di Agrigento è stata celebrata l’Inchiesta diocesana sulla vita e le virtù del Servo di Dio.
In seguito, sulla base di nuovi documenti, è stato concesso che la Causa fosse istruita come Causa super martyrio, con la celebrazione di una Inchiesta suppletiva nell’anno 2019.
La Congregazione delle Cause dei Santi ha quindi emesso il decreto sulla validità giuridica il 14 febbraio 2020.
Realizzata la Positio, si è discusso secondo le consuete procedure se quello del Servo di Dio sia stato un vero martirio.
Il Congresso Peculiare dei Consultori Teologi il 22 settembre 2020 diede risposta positiva.
I Padri Cardinali e Vescovi, riuniti nella Sessione Ordinaria dell’1 dicembre 2020, hanno riconosciuto che il Servo di Dio è stato ucciso per la fede in Cristo e nella Chiesa e l’hanno dichiarato Venerabile.
Il Sommo Pontefice Francesco. Sua Santità, accogliendo e ratificando i voti della Congregazione delle Cause dei Santi, ha dichiarato il 21 dicembre 2020 che: “è provato il martirio e sua causa del Servo di Dio Rosario Angelo Livatino, Fedele laico”.
Il 9 maggio 2021, giorno anniversario della visita di Giovanni Paolo II alla Valle dei Templi nel 1993, nella Cattedrale di Agrigento è stata celebrata la Solenne Liturgia della Beatificazione di Rosario Angelo Livatino.
Durante l’omelia del Rito di Beatificazione, il cardinale Marcello Semeraro, ha così ricordato la figura del nuovo Beato e Martire:
“Nell’amore di Cristo, infatti, egli si è collocato, «come un bimbo svezzato in braccio a sua madre», dice il Salmo. È il senso ultimo di quel motto S.T.D. che ordinariamente s’intende come Sub Tutela Dei e che il nostro beato inseriva, magari sovrastato dal segno della Croce, in pagine speciali dei suoi scritti. I giusti, scriveva un autore del XII secolo, si collocano sotto la Croce, si pongono, cioè, sub tutela divinae protectionis e così si saziano dei frutti dell’albero della vita.
È quanto è accaduto al giudice Livatino, il quale è morto perdonando come Gesù ai suoi uccisori. È il valore ultimo delle sue estreme parole, dove sentiamo l’eco del lamento di Dio: “Popolo mio, che cosa ti ho fatto?”; è il pianto del giusto, che la liturgia del Venerdì santo pone tradizionalmente sulle labbra del Crocifisso, dove non è un rimprovero e neppure una sentenza di condanna, ma un invito sofferto a riflettere sulle proprie azioni, a ripensare la propria vita, a convertirsi”.
“Considerando la vicenda di Rosario Livatino ci tornano vivide alla memoria le parole di san Paolo VI: L’uomo contemporaneo ascolta più volentieri i testimoni che i maestri, o se ascolta i maestri lo fa perché sono dei testimoni.
Il nostro Beato lo fu nel martirio. La sua vita – avrebbe detto il Manzoni – fu il paragone delle sue parole.
Credibilità fu per lui la coerenza piena e invincibile tra fede cristiana e vita. Livatino rivendicò, infatti, l’unità fondamentale della persona; una unità che vale e si fa valere in ogni sfera della vita: personale e sociale. Questa unità Livatino la visse in quanto cristiano, al punto da convincere i suoi avversari che l’unica possibilità che avevano per uccidere il giudice era quella di uccidere il cristiano”.
Per questo la Chiesa oggi lo onora come Martire.