19.01.23 LA FORMAZIONE GIURIDICA DEL BEATO ROSARIO LIVATINO (Intervento del Prof. Avv. Gaetano Armao)

Conferenza Stampa di presentazione della Peregrinatio della Reliquia del Beato Rosario Livatino: “La formazione giuridica del beato Rosario Livatino”1

Roma, 19 gennaio 2023 _ Il beato Livatino appartiene alla schiera dei 10 laureati in giurisprudenza dell’Ateneo palermitano caduti nella difesa delle istituzioni repubblicane contro le criminalità mafiosa, martiri della giustizia; donne e uomini di diritto, magistrati e componenti delle forze dell’ordine, uccisi per la caparbietà delle loro indagini e la solare incorruttibilità.

Segni di contraddizione di una terra a lungo sotto scacco dei poteri criminali e che ha potuto rialzarsi grazie al loro impegno estremo, alla testimonianza di fedeltà alla Repubblica ed ai valori della libertà e dello Stato di diritto, ma anche di istituzioni che per troppo tempo erano, e per alcuni versi sono restate, permeabili ai loschi interessi del potere mafioso.

Pietro Scaglione (1906-1971), Gaetano Costa (1916-1980), Antonino Saetta (1922-1988), Rocco Chinnici (1925-1983), Giovanni Falcone (1939-1992), Paolo Borsellino (1940-1992), Francesca Morvillo (1945-1992), Giuseppe Montana (1951-1985), Antonino Cassarà (1947-1985) e Rosario Livatino (1952-1990)2.

Rosario Livatino3 visse con dedizione ed impegno il periodo della formazione universitaria, dimostrando, già in fase precoce, la passione per lo studio del diritto e la convinzione che il cattolico deve offrire il massimo di sé nelle cose che fa.

In pochi anni conseguì la laurea in giurisprudenza, con ottimi voti4 e con il risultato finale di 110 e la lode discutendo una tesi in diritto penale dal titolo “L’autore mediato”, relatore il prof. Antonio Pagliaro, nell’anno accademico 1974-755.

Si iscrive al corso di laurea in Scienze Politiche-indirizzo politico sociale (allora ancora interno alla facoltà di Giurisprudenza)6, conseguendo, già magistrato, la laurea il 20 marzo 1986 con la votazione di 108/110 con una tesi, relatore il prof. Francesco Teresi, su “Le attribuzioni costituzionali del Presidente della Repubblica7 e, successivamente, al Corso di perfezionamento in diritto regionale che concluderà il 21 aprile 19908, anch’esso con il massimo dei voti, pochi mesi prima di essere assassinato.

Ancora non si sono rinvenuti testi delle dissertazioni finali per i quali sono in corso le ricerche presso l’Archivio Storico di Ateneo che si renderanno pubbliche, a breve, con il Magnifico Rettore Massimo Midiri ed il delegato all’Archivio prof. Mario Bordonaro.

Come emerge dalle notizie biografiche il dott. Livatino prese servizio presso l’Ufficio del Registro di Agrigento dal 1 dicembre 1977, dopo aver vinto il concorso nell’Amministrazione finanziaria, per poi passare, daI 18 luglio 1978, quando presta giuramento presso il Tribunale di Caltanissetta dove svolge il periodo di uditorato prima in Tribunale, poi in Procura ed infine presso la Pretura, ed alla carriera di magistrato sino alla nomina di magistrato di Tribunale ad Agrigento.

La circostanza che Egli sia risultato per un verso un magistrato molto impegnato ed apprezzato per la sua laboriosità9 e, nel contempo, già assunte le funzioni, proseguisse con ottimi risultati gli studi, conseguendo dapprima la seconda laurea in Scienze politiche e poi il diploma di perfezionamento in diritto regionale evidenzia una rara e perdurante passione per gli studi, affrancata da un’esigenza contingente e che si affiancava al pesante onere di assolvere con il massimo scrupolo professionale ai compiti d’ufficio.

Proprio per la sua attività, inquirente prima e giudicante10 dopo, è ucciso senza pietà, colpito alle spalle e poi al volto, dai sicari delle famiglie mafiose di Palma di Montechiaro, il 21 settembre 1990 sulla strada per Agrigento che percorreva quotidianamente per andare al lavoro da Canicattì, privo, com’era per scelta personale, di scorta ed auto blindata.

Vorrei richiamare alcuni dei pensieri che si rinvengono in conclusione alla tesi di laurea in diritto penale, proprio per la valenza emblematica nella concezione del diritto di questo giovane giurista siciliano, che ha ispirato la propria azione ai valori della dottrina sociale della Chiesa.

Fra questi ve n’è uno che sintetizza la concezione del diritto che costituirà il pilastro della sua vita professionale: “Ciò che bisogna tenere sempre vivo nella mente di chi opera nel mondo del diritto è che esso è costruito per l’uomo, a misura d’uomo a salvaguardia della sua dignità naturale e sociale. Mal ne incoglierebbe a tal dignità se si volesse r[a]ccostare a tale termine ‘uomo’ quello di mero ‘strumento’. E non è, codesta, affermazione di poco momento, né tanto meno generica affermazione di scontati postulati o mero e retorico riempitivo. Essa è condizione imprescindibile e ineliminabile, vieppiù che mai nella materia penale: in essa molto più arduo è trovare la giustificazione dell’ergersi di un soggetto a giudice di un altro per pronunciare nei suoi confronti volontà di restrizione del più connaturale dei diritti umani: quello alla libertà11.

Emerge già nel giovane laureando la precoce ma matura visione del diritto inteso strumento per garantire la giustizia al caso concreto, che trova nella persona e nella sua dignità l’ineludibile parametro di riferimento dell’ordinamento e non come arida tecnica applicativa di regole e precedenti, magari volta a consolidare posizione di potere e dominio dell’uomo sull’uomo. Per una società nella quale i diritti fondamentali del cittadino non vengano considerati come concessi, conferiti soltanto dal diritto oggettivo, ma siano ritenuti preesistenti ad esso ed inerenti alla struttura ontologica della persona, dei valori e dei principi fondamentali non negoziabili.

Una visione del magistrato caratterizzato dal “senso dell’imparzialità, della correttezza più profonda, del rapporto esclusivo con la norma scevro da quelle estranee influenze che così spesso oggi ne alterano l’applicazione disorientando quel cittadino” e che ne fa un “operatore di giustizia” e non soltanto un “operatore del diritto”12.

Il giurista credente, incarnato nella fulgida esperienza di vita di Livatino, rifugge da un approccio tecnicistico e formalistico al diritto positivo, ma ha lo sguardo rivolto alla giustizia sostanziale e così diviene esempio anche per coloro che hanno incarichi nelle pubbliche istituzioni.

Come Egli stesso ricordò in uno dei suoi rari interventi pubblici13 richiamando le parole pronunciate da S. Giovani Paolo II nel discorso all’Unione Giuristi Cattolici nel 198214 – indimenticabile discorso che ho avuto il privilegio di ascoltare personalmente – nel quale il Papa indicò “nell’afflato cristiano”, l’impegno ad animare il campo della attività professionale dei giuristi inverando l’“[…]etica cristiana nella scienza giuridica, nell’attività legislativa, giudiziaria, amministrativa, in tutta la vita pubblica15.

Questa la passione e la forza morale del giovane Livatino che ne fecero un giurista motivato, appassionato dagli studi giuridici, che coltivò con profitto e dedizione; un magistrato integerrimo, riservato, determinato, senza ricerca del protagonismo; un siciliano convinto che il riscatto della propria terra passasse per il lavoro, l’onestà, la correttezza, la giustizia e nulla potesse concedere al prepotere mafioso ed alla sua brama incessante di potere e soldi, che ne fa un esempio per tutti, del quale rinnovare la memoria per le nuove generazioni di giuristi, ma sopratutto di cittadini.


1 Testo provvisorio, in attesa di essere completato a seguito del rinvenimento delle dissertazioni scritte di cui si tratta.

2 Ad essi va aggiunto, quale vittima del dovere, il dirigente della Regione Siciliana, Giovanni Bonsignore (1931), ucciso il 9 maggio 1990 per aver disvelato illeciti finanziamenti in un contesto certamente affaristico-mafioso.

3 Per un’illustrazione della biografia e del pensiero del Magistrato di Canicattì (Ag) si vedano per tutti, nella copiosa produzione, libraria D. Airoma, Mauro Ronco, A. Mantovano ( cura di), Un giudice come Dio comanda, Milano, 2021; A. Mira, Il giudice giusto, Cinisello Balsamo, 2021.

4 Un sintetico resoconto della carriera universitaria del dott. Livatino si rinviene, oltre che nel fascicolo personale detenuto dall’Università di Palermo e che è stato esposto in occasione della mostra.

5 Si veda “La tesi di laurea e il libretto universitario di Rosario Livatino nell’Archivio Storico di Ateneo dell’Università di Palermo” in https://www.unipa.it/La-tesi-di-laurea-e-il-libretto-universitario-di-Rosario-Livatino-nellArchivio- Storico-di-Ateneo-dellUniversit-di-Palermo/.

6 Dopo la laurea in giurisprudenza si iscrive nell’anno accademico 1979/1980, ma si tratta di una breve parentesi, alla Facoltà di medicina dove sostiene alcuni esami, per poi passare al Corso di laurea in Scienze politiche il 20 ottobre 1981 Cfr R. Mistretta, Rosario Livatino, Roma, 2022, 50 e ss.

7 https://www.csm.it/web/csm-internet/aree-tematiche/per-non-dimenticare/rosario-angelo-livatino.

8 V. Militello, La Facolta di Giurisprudenza e le vittime di mafia, in La Facolta di Giurisprudenza dell’Universita degli Studi di Palermo. Origini, vicende ed attuale assetto, a cura di G. Purpura, Palermo 2007, 269-270.

9 La nota bibliografica del Magistrato pubblicata dal CSM ricorda per le sue capacità impegno il dott. Livatino era risultato tra i magistrati più prolifici del Tribunale di Agrigento, come risulta dalle statistiche degli affari trattati tra il 1979 e il 1980, v. Cfr. CSM, Rosario Angelo Livatino, in https://www.csm.it/web/csm-internet/aree- tematiche/per-non-dimenticare/rosario-angelo-livatino.

10 Sempre nella nota bibliografica pubblicata dal CSM si evidenzia il Consiglio giudiziario presso la Corte d’appello di Caltanissetta, il 29 marzo 1979, nell’emettere parere positivo al conferimento delle funzioni giudiziarie nei confronti del magistrato, ne sottolineava “il carattere serio e riflessivo, i modi garbati e modesti, il tratto sobrio e contenuto” evidenziando come lo stesso apparisse “attaccato visceralmente al proprio lavoro e dotato di spiccato senso del dovere, che si concretizza in uno sforzo costante di apprendimento dei dettami della delicata funzione che sarà chiamato ad assolvere”, e sottolineando come “la sua preparazione appare notevole ed aggiornata, e si presenta unita ad un notevole intuito giuridico, ad una brillante intelligenza e ad una rilevante capacità di analisi delle questioni prospettategli” e che “trattasi di uditore in cui la modestia e l’atteggiamento rispettoso – già di per se sintomatici di intelletto puro e magnificamente dotato – sono solo una delle doti evidenziate nel corso del trascorso periodo di tirocinio, avendo egli dato esauriente prova di possedere elevato spirito di attaccamento al dovere, brama di apprendimento, notevole preparazione, apprezzabile cultura generale, vivace intuito rilevante capacità di analisi adeguate capacità espressive (orali e grafiche)”. Cfr. CSM, Rosario Angelo Livatino, cit.

11 Come ricorda il sito all’Archivio Storico dell’Ateneo palermitano si tratta di affermazioni formulate nel quadro dell’analisi dell’istituto penalistico oggetto del lavoro conclusivo del percorso accademico, ma sul cui sfondo risuona un’eco della Selbstzweckformel espressa da Immanuel Kant nella Fondazione della metafisica dei costumi pubblicata nel 1785: “Agisci in modo da trattare sempre l’uomo così in te come in ciascun altro anche come fine, non mai solo come mezzo.”

12 R. Livatino, Orazione funebre per Elio Cucchiara, Ag. 12.9.1983, in A. Mira, Rosario Livatino. Il giudice giusto, Milano, 2021.

13 Relazione, Fede e Diritto, svolta a Canicattì il 30 aprile 1986, in I. Abate, Il piccolo giudice. fede e giustizia in Rosario Livatino, Roma, 2005, 116. Per più ampie considerazioni in merito si v. M. Ronco, Il decreto sul martirio di Rosario Livatino, in https://www.centrostudilivatino.it/il-decreto-sul-martirio-di-rosario-livatino/#_ftn3.

14 Il discorso del Pontefice al XXXIII Convegno dei Giuristi cattolici tenuto a Roma il 4 dicembre 1982 si può consultare in https://www.vatican.va/content/john-paul-ii/it/speeches/1982/december/documents/hf_jp- ii_spe_19821204_unione-giuristi.html. In quello straordinario discorso il Papa ricorda richiama la dottrina tomista secondo la quale “la legge umana, per essere giusta, deve poter ricondursi alla legge naturale (cf. S. Tommaso, In III Sent., d. 37, q. 1, a. 3, sol.), il Concilio Vaticano II riconferma il principio che “la norma suprema della vita umana è la stessa legge divina, eterna, oggettiva e universale” (Dignitatis Humanae, 3), le leggi umane, infatti , trovano il proprio valore e la propria tutela soltanto nell’ordine morale.

15Anche se non è vostro compito istituzionale il legiferare, siete sempre operatori del diritto e come tali potete esercitare un influsso efficace e benefico sulla formazione, l’evoluzione e l’applicazione pratica delle leggi vigenti, immettendo, con coraggioso proposito, nell’impetuoso fiume del pensiero giuridico, correnti benefiche di dottrina che informino e trasformino, come il lievito evangelico, quanto talora di incongruo o di inaccettabile possa aver prodotto la legislazione positiva o l’attuazione pratica di essa”, ibidem.

Sito ufficiale della Peregrinatio del Beato Rosario Angelo Livatino.